lunedì 18 novembre 2013

Fiore di poesia, Alda Merini

Chi è prigioniero, l'anima o il corpo? chi soffre di più, chi sente di più? E' il corpo che patisce e gioisce o è l'anima che ne trae giovamento e sofferenza? L'anima, distesa nel corpo, è incapace di contenerne tutte le voglie. E la felicità, imperfetta, mai completa, rimane comunque una felicità dei sensi, della carne, della follia.

Alda Merini e la follia.


Troppo semplice pensare al manicomio.
Alda Merini è folle poichè "brinda alla sua follia".

Malata di tormento e perdizione, a piedi nudi, con dita vogliose d'amore, turbata, esasperata, con i ginocchi piegati dallo scrivere poesie su pietre. Queste alcune immagini della raccolta che contiene a sua volta raccolte di versi che la poetessa ha scritto dal 1951 al 1997. 


Tra i versi di questa raccolta intravediamo i nomi di uomini che ha amato come Giorgio Manganelli, Michele Pierri. Ma anche i volti delle amiche scomparse, dei compagni di osterie, gli uomini avuti, e quelli sognati.

Alda Merini ha improntato la sua vita sulla sensualità.
Desiderare significa per lei attraversare, passare oltre, andare oltre. Altrove. A costo di morire, di impazzire. Accogliere i suoi amati nel suo corpo, consapevole che le avrebbero lasciato una traccia addosso, una ferita, che le avrebbero scavato la carne con ferocia. 




E' stato detto che Alda Merini non rientra in nessuna tradizione poetica. Il destino di questa donna  fu, e continua ad essere, quello di aver nuotato a lungo controcorrente. Quello di aver amato, con passione, con ferocia, con rabbia e riposo, alternando lussuria e stanchezza. 
Sogni perturbanti e faticose veglie sicuramente hanno caratterizzato tutta la sua vita. 

Questa raccolta ne conserva il respiro.

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