venerdì 14 novembre 2014

Virzì

"L'uomo è l'unico animale che sa arrossire... Lo dovrebbe fare più spesso."


dal film "Caterina va in città"









Volevo spendere due parole per descrivere questo regista. Nei giorni appena trascorsi mi son fatto una scorpacciata di suoi film e (meglio tardi che mai) ho scoperto Virzì come un ottimo storyteller
Ultimo detentore dei segreti della commedia all'italiana, ogni scena cattura lo sguardo degli spettatori nel modo più pungente possibile e senza mai perdersi.

Paolo Virzì è abile nel costruire bozzetti coloriti, nel riprendere con sguardo pietoso un'Italia da ridere (e da piangere), acuto quando si tratta di delineare ritratti sociologici, è un po' come un artista rinascimentale, soprattutto perché dai suoi affreschi scaturisce la vera anima del suo lavoro e del suo stile.

Il senso del ridicolo, l'arroganza, l'infelicità diventano qualità delle sue pellicole a tratti romanzesche, che si spostano da un mondo all'altro, da una diversità all'altra. I nodi dell'amicizia, della famiglia, del lavoro, della vita quotidiana, diventano i nodi dello status quo da sciogliere.

Virzì è uno dei pochi registi che coglie l'Italia per quello che effettivamente è. Stradaiola, picaresca, provinciale, lontana anni luce dal finto mito della globalizzazione che, in effetti, non ci appartiene. È un'Italia entusiasta del calcio (quello buono), approssimativa nella conoscenza, ferocemente aspirante in qualcosa purché ci si metta in mostra, innamorata, radicale, e a volte intransigente, ma soprattutto spavaldamente e gustosamente ignorante. 

Pellicola per pellicola, Virzì ci restituisce un eterno presente usando, di volta in volta, personaggi chiave più come una lente per guardare dentro noi stesso che come perni della trama. E noi, se dobbiamo dirla tutta, proviamo un gusto immenso nel ridere delle nostre miserie, sbandierate e rivelate sotto ogni punto di vista.

Avercene registi con così tanta intelligenza, abilità e coraggio.

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