lunedì 17 ottobre 2016

Lettera ad un amore finito

Un amore finisce com'è cominciato
con una domanda alla quale non si sa dare una risposta...
All'inizio è: "Mi sono innamorato di te?"
E alla fine è: "Ti amo ancora?"
La risposta alla prima domanda è Si
Se ci domandiamo se siamo innamorati di una persona conosciuta da poco
significa che lo siamo
almeno un poco...
Ma se dopo un anno
o venti
cominciamo a domandarci
"L'amo ancora?"
la risposta è quasi certamente No.
Perché quando si ama non si fanno domande
si vive!
Le domande presuppongono un dubbio
e il dubbio mal s'accorda con l'amore
L'amore
per essere tale
è incondizionato
perdona tutto all'amato
fino alla follia.
L'amore condizionato è il tipico rapporto di oggi
in cui il confine fra affetto ed interessi
è quasi sempre promiscuo.
e facilmente espugnabile da un terzo
ossia l'amante.
Lo so lo so
vi starete domandando per chi stia facendo l'Alberoni della situazione
per una donna...
ovviamente
e non ne farò più il nome
Una donna che mi ha scritto a voce alta se mi amava ancora
no
tesoro
no 
amore
tu stai amando sempre di più te stessa
sempre meno quest'uomo che muore
ti capisco
nulla allontana di più che la sofferenza altrui
niente crea un vuoto tanto vasto che l'isolamento
la sconfitta
intorno a chi
come al sottoscritto
sta subendo un conto alla rovescia sulla propria testa
Ma chiamandoti per l'ultima volta "amore"
anch'io
che ti sono stato così fedele
mi distacco da te con tutta l'energia rimasta
poca
quella sufficiente a dare un colpo di coda
lo so cara
avresti voluto che ti trattenessi
che ti gridassi aiuto
che ti invitassi a non lasciarmi proprio ora

no

io non amo chi non mi ama
perché ho capito che è un esercizio sterile ed inutile
così
come ho passato questi anni a ricordarti
così
trascorrerò gli ultimi anni a dimenticarti
e farò in modo che il mio vuoto
sia il più violento e vertiginoso possibile
affinché un nuovo pieno
magari in extremis
mi assista con un colpo di grazia,
quello di un nuovo amore.

lunedì 3 ottobre 2016

Ragazza che non ho

Ragazza che non ho
ti ho già scritto una volta.
Ero più giovane dentro e fuori
sognavo che dal buio fiammante del lavoro potessi uscire tu,
col mio sos di carta tra le dita
e uno di quei sorrisi che sembrano dire:
"perché ti meravigli tanto, Davide?
non hai mai visto uscire una ragazza da lavoro?"
Avrei guardato le tue gambe svelte 
scavalcare la finestra nera della mia Sony,
ti saresti lasciata ammirare
col vestitino di carta giapponese con i fiori d'acqua.
E tutti i miei problemi si sarebbero accucciati in un angolo
come un cane pentito
perché avevo osato dubitare della materia dei sogni.
Vedi ragazza,
credere nell'impossibile è stata la causa di tutti i miei guai 
e di tutte le mie grandezze.
Io ho puntato su tutte le roulette
ho guidato contromano nella notte
sono andato in spiaggia con le scarpe d'inverno 
e mi sono steso col cappotto davanti al mare bruciante,
perché disprezzavo i luoghi comuni
e così non ho mai smesso di credere ch'esisti;
che esistono ragazze che escono da lavoro con il vestito a fiori.
Non sono così sciocco da credere che tu non verrai mai:
i miracoli sono più reali dei soldi,
la verità è che temo di deluderti.
Sono scorbutico
e pieno di dubbi
e non ho mai imparato a ballare.
Ti annoieresti,
temo,
e dopo qualche minuto di silenzio mi diresti:
"usciamo?"
E non mi va di uscire
e poi stasera in televisione c'è il mio documentario preferito
e di là la cena è apparecchiata per uno.
E poi ho l'ansia da prestazione va bene?
Tu hai fatto l'amore fra le stelle
io in letti di serie B
che la sigaretta dopo, era l'orgasmo.
Attenta
non credermi
ragazza che non ho
il mio è un vecchio gioco.
Provocare miracoli e smettere di stupirsi l'attimo dopo.
Se a quel punto te ne andassi via
sarei perduto:
siamo mezzi uomini
mezzi maghi
eterni bambini.
Non credermi
basta!
Portami fuori
è una serata così dolce
ci sarà pure da qualche parte una balera deserta 
dove potrai insegnarmi il ritmo semplice della vita.
Ragazza che non ho
stasera saremo in tanti ad attenderti lo sai?
Tu fai cosi,
non pensare a me!
A forza di credere ai miracoli 
io ho imparato a reggerne l'assenza;
ma uno
questa notte
uno almeno di noi,
fallo felice!

martedì 20 settembre 2016

Il tempo

Immagina di avere una banca che ogni giorno ti accredita la somma di € 86'400 (ottantaseimilaquattrocento) sul tuo conto.
Non conserva il tuo saldo giornaliero.
Ogni notte cancella qualsiasi quantità del tuo saldo che non sia stata utilizzata durante il giorno.
Che faresti?
Ritireresti fino all'ultimo centesimo ogni giorno ovviamente.
Pensaci!
Ciascuno di noi possiede un conto in questa banca.
Il tempo.
Ogni mattina la banca del tempo ti accredita 86'400 secondi.
Ogni notte la banca cancella e da per persa qualsiasi quantità di credito che tu non abbia investito in un'azione.
La banca non conserva saldi ne permette trasferimenti.
Ogni giorno ti apre un nuovo conto.
Ogni notte cancella il saldo del giorno.
Se non utilizzi il deposito giornaliero la perdita è tua.
Non si può fare marcia indietro.
Non esistono accrediti sul deposito di domani.
Devi vivere nel presente col deposito di oggi.

Per capire il valore di un anno, chiedi ad uno studente che ha perduto un anno di studio.
Per capire il valore di un mese, chiedi ad una madre che ha partorito prematuramente.
Per capire il valore di una settimana, chiedi all'editore di un settimanale.
Per capire il valore di un'ora, chiedi a due innamorati che attendono d'incontrarsi.

sabato 17 settembre 2016

A te che leggi. M/F

Che cos'è che ci fa alzare incazzati e indolenti.
Perché usciamo di casa con tutta questa rabbia in corpo.
Cinici e disillusi ci guardiamo in cagnesco, 
poi riprendiamo a volteggiare frenetici sulla ruota come criceti in gabbia
ma non ce l'ha ordinato il dottore.
Avete mai pensato di essere gli autori della vostra infelicità?
Immagino di si.
Allora facciamo un passo avanti...
Non potrebbe essere che l'infelicità è un vizio?
Un quasi piacevole, rassicurante, vizio?
Ciascuno di noi, almeno cinque minuti nella vita, ha provato l'ebbrezza selvaggia della felicità.
Siete davvero sicuri che vorreste riprovarla ancora?
La felicità ti fa spavento...
È un film horror...
Perché quando ti accorgi che è passata, precipiti nell'angoscia come un ascensore con le corde spezzate.
Fa male cadere rovinosamente dalle vette della felicità
così ti sei assoggettato ad una vita mediocre
senza troppi sbalzi
senza troppi imprevisti
armato fino ai denti contro l'imprevedibilità della vita.
Infatti la vita non bussa più alla tua porta.
I giorni si somigliano tutti.
Da nessuna donna, nessun uomo, davvero straordinari accetteresti un appuntamento.
Eppure sai bene che è solo dall'imprevedibilità di certi incontri che potresti arricchirti,
rivoluzionarti,
tornare finalmente a vivere.
Ma tu non lo fai.
Hai paura.
Una maledetta paura di soffrire.
È la sindrome degli angeli caduti...
Ti sei costruito Alcatraz con le tue mani.
E in fondo ti piace, non negarlo.
Altrimenti non riuscirai mai a spezzare le tue catene.
"E che vuoi che facciamo, rischiare tutta una vita per un giorno di gloria?!"
Si.
Può essere solo un giorno, un mese, un anno.
Ma devi tenere la valigia pronta
le ferite aperte
le orecchie tese.
Perché è questo che vuoi.
Me lo dicono i tuoi mugugni quando ti alzi al mattino,
la tua confusa incazzatura permanente,
le presunte cause della tua infelicità che attribuisci a casaccio.
La mediocrità è un tuo diritto, ci mancherebbe.
Ma la ricerca della felicità, un tuo dovere.

lunedì 5 settembre 2016

Uomini soli

In questo buco da dove vi scrivo non c'è più spazio per un cioccolatino.
Notti fa ho tirato su una parete divisoria, poi, all'alba l'ho fracassata giù.
Gli uomini soli fanno cose strane come i bambini.
M'ero immaginato di dover dividere questo bicamere con un'altra presenza.
E fra me e la sua privacy m'ero costruito un muro di amici, ma sono i nemici quelli che fanno muro.
Donne e amici si fanno attraversare, se amano, se si lasciano amare.
Quella sarebbe stata la parte che, rispettando le libertà reciproche, non avrebbe mai potuto dividere la nostra unione. 
Gli uomini soli come i bambini elaborano in certe sere di pioggia sottile queste contorte teorie.
Ma io non ho amici.
Voi siete troppi.
E di me stesso sono sconcertato, costretto dal mio ruolo, mi industrio a farvi compagnia.
E la magia riesce!
Se ci pensate è assurdo.
I tipi come me non sono certo compagnoni.
Mettete che giocassimo al mercante in fiera, 
presenti i banditori d'asta?
Quella si è gente che fa ridere.
Loquaci, con la battuta pronta, lo scogli lingua in tasca...
Le ragazze, dal gran ridere, gettano i capelli all'indietro
e gli amici complici sghignazzano alle metafore più ardite.
"Questa è la carta della vittoria!"
"Ce l'ha lungo lungo!"
"Chi se lo vuole aggiudicare?!"
E con il collo di una giraffa svoltano la serata.
DJ nati.
Ma io
Se mi vedeste
in una serata di pioggia sottile sottile come quella
Quando tutto muore
Altro che giraffe e dj...
Davide non è che hai un muso lungo
mi direste
Quello è il becco d'un pellicano!
Scoppiereste a ridermi in faccia e io farei una pessima figura.
Gli uomini soli come i bambini non sono tipi sportivi,
così vi verrei a noia
lo so
è inevitabile.
Perché il problema non è mai il genere di pupazzo che si è
il problema è la durata della pila.
Quante volte vi ho fatto credere di essere carico
Notizie
Contro notizie
squarci di vita personale
attacchi
finte
canzoni di una vita
la tua voce tesoro...
I miei precari equilibri
la mia stabile follia
Ma quanto pensavate che potesse durare questo spettacolo indecente.
Questa vita faziosa
Questi pugni sul muro
Queste opinioni di un millantatore.
Credevate davvero che esistessero vite col trucco?
Pupazzi senza pila ed eterni pupari?
No...
Non ce l'ho con voi
Questo mai
Siete tutto quello che ho.
Non faccio differenza tra chi mi tratta da panchinaro della nazionale delle ideologie sepolte 
e chi mi vede come il pibe de oro della comunicazione sottopelle.
Perché non sono né questo né quello.
Mi torna in mente una vecchia canzone di Paolo Conte
Una cena di ex compagni di scuola.
Il vino
Il chiasso
Risate
Memorie
Battute.
In fonda alla tavolata c'è uno che agita la mano in aria
Uno che scivola giù e scompare gridando aiuto
ma nessuno se n'è accorto.
A quello gli era finita la pila.
Che faccio... Continuo o basta così...
Mi metto un rap bello nero incazzato per dimenticarmi tutte queste menate?
O avanti a testa bassa e rischio l'incidente...
Perché i ricordi di vecchie serate di pioggia sono anche peggio delle serate in sé
certi ricordi sono automobili che ti tamponano eternamente
cambia solo il modello
della macchina intendo.
Il ricordo che ti mette sotto è della stessa specie.
E a me quella sera mi faceva male una presenza
molto, molto vicina
era quasi con me
Stava per arrivare e partire ancora
Scusate faccio un po' di confusione
ma il problema di quelli a cui tieni tanto
è che non stanno mai fermi.
E succede
perché succede invariabilmente
che se tu gli fai un discorsetto chiaro e piuttosto ben riuscito
ti accorgi che sulla battuta finale
quella che precede l'applauso
che stavi parlando da solo.
I bambini e gli uomini soli dialogano spesso con questi compagni immaginari
ma per saggio pudore li fanno sparire a questo punto, 
se attendessero l'applauso diventerebbero pazzi.
Veramente, io non ho ben capito se innalzando quella buffa parete divisoria quella presenza amica volevo accoglierla in casa oppure dividermi da lei.
Difendermi da quello che stava per dirmi.
Questo si, lo ricordo.
I bambini e gli uomini soli presagiscono sempre gli abbandoni.
Forse volevo soltanto trattenerla 
Questo
Soprattutto questo
Si...
Il grande gioco che avevo architettato era complesso ma scaltro.
Doveva distruggere la parete 
per guadagnarsi il premio
per arrivare a me solo alla fine.
Non le avrei concesso neanche un
"Buonanotte amore mio"
No
Neanche un bacio le avrei anticipato pur di non essere lasciato solo
di non essere più investito da tutte quelle macchine della stessa specie.
La specie
Sua
Femminile singolare.
E voi, fratelli, eravate la mia garanzia 
Il sigillo sul patto
su questo grande gioco
voi.
Lei avrebbe dovuto leggere
per riconoscermi in voi.
Mi sembrava meno rischioso che riconoscere direttamente me.
Primo perché non succede quasi mai
Secondo perché soltanto voi avete un'idea più avvincente e romantica di quanto io abbia di me stesso.
Ah... Quanto avrei voluto nascere battitore del mercante in fiera.
Per cui, da latitante, mi sarei accontentato di un amore riflesso.
Ma i compagni immaginari
soprattutto di genere femminile 
sono come i bambini.
Conoscono le regole del gioco.
E il mio era truccato...
Per amore d'accordo
Ma truccato
Per solitudine va bene
Ma truccato
E non so se entrando o uscendo, questione di punti di vista, dipende se uno l'attende o se aveva smesso di attenderla definitivamente 
lei ha alzato il naso in aria 
e ha guardato la parete con una lieve smorfia di disappunto.
"Si vede che tu non hai mai fatto il battitore del mercante in fiera!"
Ha detto spolverando lettere e vecchi romanzi con lo sguardo.
"C'è un fracco di polvere non si respira!"
"Da quanto tempo in questa stanza non è stata raccontata una barzelletta?"
Mi ha chiesto spalancando le finestre e lasciando entrare le risate volgari di una coppia di amanti della palazzina di fronte.
L'avvocato e la dattilografa.
Io li avevo sempre trovati maleducati e sgradevoli
soprattutto per quella brutta abitudine di fare sesso con le tapparelle alzate
ma a lei ho capito che piacevano assai
e ha sorriso di gusto
e a lungo.
Poi, ricordandosi di me come una malattia
di me
che stavo ponendo una rosa sulla parete divisoria
mi ha gettato un'occhiata distratta.
"Perché m'hai fatto venire fin qui?"
Solo per amore
ho detto tutto d'un fiato.
"Io non faccio amore a tempo."
Mi ha misurato dalla testa ai piedi
"E la tua pila è quasi scarica."
Ho ridacchiato ma mi è uscito un
"Ahi!"
Sapete com'è... M'ero risentito
Gli uomini soli sono più suscettibili dei bambini.
Invece hanno questo in comune
Amano troppo e non sanno come farlo capire.
E non è detto che non sia meglio così.
Comunque il problema non s'è posto
perché lei è uscito
o è entrata
sia come sia
perché in casa ho sentito un gelido spostamento d'assenza.
Quel vuoto mosso
quel freddo agitato che lasciano i treni veloci sfuggenti nelle stazioni secondarie.
Ve l'ho detto
era una serata di pioggia sottile.
Nei vetri
alle finestre si infrangevano un sacco di fari di macchine che mi venivano addosso
e non avevano mai smesso
da tempo immemorabile.
E io, scusate, ho buttato giù la parete con una manata.
In ogni dramma che si rispetti ad un certo punto il protagonista forza la mano!
Solo che io l'ho fatto con una notevole violenza...
Si vede che avevo interpretato lo stesso ruolo in troppe commedie.
Soltanto dopo mi sono detto tutte le parole che avete appena letto.
Potete voltarvi ora
ho finito.
Ogni tanto fra amici immaginari succede di sfogarsi no?
Mettete che fuori piova
e che sia appena entrato-uscito qualcuno
e a voi sembra
ma è solo un sottile sospetto
che si tratti della vostra vita.




martedì 19 luglio 2016

There was a time when meadow, grove and stream
the earth and every common sight, to me
did seem appareled in celestial light.
The glory and the freshness of a dream.
It is not now as it hath been of yore.
Turn whereso'er I may
by night or day
the things which I have seen 
I now can see no more.
But there's a tree, of many, one.
A single field which I have looked upon.
Both of them speak of something that is gone.
The pansy at my feet doth the same tale repeat.
Whither is fled the visionary gleam?
Where is it now, the glory an the dream?

domenica 6 dicembre 2015

Una violetta nel cuore.

Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.
Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.
Che uno dice: è finita.
No, non è mai finita per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.
Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia.
Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.
Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai.
E sei tu che lo fai durare.
Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo;
che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.
Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.
Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa.
Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così".
E il cielo si abbassa di un altro palmo.
Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasqua.
In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento.
Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine.
Ed è stata crisi, e hai pianto.
Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d'acqua nello stomaco.
Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino.
Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance?
E poi hai scavato, hai parlato, quanto parlate, ragazze!
Lacrime e parole.
Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore.
"Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?"
Se lo sono chiesto tutte. 
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile.
Ecco, è qui che inizia tutto. 
E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai.
Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.
Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.
Non puoi più essere quella di prima. 
Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.
Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta.
Parte piano, bisogna insistere.
Ma quando va, va in corsa.
E' un'avventura, ricostruire se stesse.
La più grande.
Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.
Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo.
Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto, stiamo lavorando per voi. Ma soprattutto, per noi stesse".
Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.
Per chi la incontra e per se stessa.
È la primavera a novembre.
Quando meno te l'aspetti...